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  • Immagine del redattoreLa Cate

Writing 12: Le tre storie di Giles Duley

[caratteri: 2185 | tempo di lettura: 2'15"]

Scrivere per il web, a volte, significa scrivere di dolore.

Ci sono storie che vogliono essere raccontate. Non lasciano via di scampo.

La storia di Giles Duley è un obbligo etico.

Quello che fa si chiama visual storytelling: le sue fotografie sono racconti senza parole.

A un buon copy, però, resta l'urgenza di verbalizzare il vissuto, di dare voce alle immagini.

E Giles è capace di farlo.

Quando gli hanno chiesto di riassumere la sua vita lui ha raccontato tre storie, che stanno tutte dentro a tre fotografie.


Giles Duley, South Sudan, 2009

Soria #01

Sudan del Sud, 2009.

Giles, che di mestiere fa il fotoreporter, segue per alcuni giorni lo staff di Medici Senza Frontiere mentre accoglie e opera decine di profughi.

Al centro arriva un ragazzino di 12 anni. Indossa una collana blu.

Per lui non c'è nulla da fare. Giles gli scatta qualche foto, con il senso di colpa di chi è diviso tra il dovere di documentare e il rispetto per il dolore: "davanti a te c'è un dodicenne che sta morendo e ti guarda mentre lo fotografi".

Poi resta seduto accanto a quel bambino per ore, fino al suo ultimo respiro. E piange.

Un medico gli si siede accanto e gli regala la sua storia: se ora si trova lì, a salvare vite in un Paese dimenticato, è perché un giorno, mentre faceva il liceo e non sapeva che cosa gli riservasse il futuro, vide su un giornale una foto come quella che lui ha appena scattato e decise che avrebbe fatto il medico. Volontario. In guerra.

Giles Duley, Afghanistan, 2011

Soria #02

Afghanistan, 2011.

Giles salta su una mina antiuomo.

Al risveglio capisce di aver perso le gambe e un braccio.

"Mi sono detto: la mano destra funziona, posso vedere. Sono ancora un fotografo".

Passa un anno in ospedale e subisce 37 operazioni.

18 mesi dopo l'incidente prende un aereo e torna in Afghanistan.

Ha due gambe artificiali e un braccio amputato, ma ha bisogno di ricominciare a vivere.

Di ricominciare a raccontare.

Di urlare l'umanità che la guerra mette a tacere.


Giles Duley, Ataqullah, 2013

Soria #03

Afghanistan, 2013.

Incontra Ataqullah, sette anni.

Mutilato da una mina, è spaventato, gli fa male tutto.

E lui ci si specchia, in quel bambino.

Diventano amici.

Ataqullah gli dice che il dolore è troppo forte e Giles gli assicura che andrà tutto bene.

Ridono delle loro ferite, come solo i fratelli sanno fare.

Però lui non riesce più a scattare fotografie, è paralizzato, anima e corpo.

Deve usare un braccio solo, e fa male.

Una donna lo rimprovera: "quando un bambino viene ferito in questo modo, tutto il mondo deve vederlo".

La sua è una sentenza definitiva.

Oggi Giles continua a raccontare le sue storie d'immagini, che sono un urlo contro la guerra.

E sorride.

Sempre.

📝 L'esercizio: scegli una sua foto, su Google. Non importa chi siano i protagonisti o quale sia il luogo: il dolore della guerra è universale. Scrivi un copy cortissimo in cui racconti l'immagine. Non la devi descrivere, la devi raccontare. Sarà lei a parlarti, tu ascoltala.

Massimo 1000 caratteri, spazi inclusi.

Il titolo? Storia #04.

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