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Città del Messico, 9 febbraio 1926: una giovane e ribelle donna italiana, Tina Modotti, è impegnata a svuotare i suoi bauli e a distruggere gli oggetti del suo passato. "Le cose che amo - scriverà al suo compagno - le porterò a una metamorfosi. Da concrete le trasformerò in astratte e così potrò continuare a possederle per sempre nel mio cuore".
Mi piace chiedere ai miei studenti di recuperare nella loro memoria il ricordo delle cose che non ci sono più.
Mi piace che vaghino nei luoghi sclerotizzati del passato e che trovino le parole per restituirli alla verità della scrittura.
Allora propongo che scrivano liberamente la lista dei ricordi del loro passato, con frasi brevi, che chiedano solo di essere lette.
Non meno di 5 episodi, non più di 10.
Ecco due elenchi che ho ripescato da “Vieni via con me”, il programma di Fazio e Saviano del 2010.
Così, per scopiazzare le idee:
"Elenco delle cose che mi mancano del mio Paese", letto da Joseph Masanka Kwetu, congolese, rifugiato politico, in Italia da cinque anni:
Lavorare per la libertà del mio Paese.
La foresta verde congolese.
Il cibo del mio Paese.
I miei fratelli.
Luison, amico di infanzia, compagno prima di giochi e poi di scelte di vita.
Il grido del gallo la mattina presto.
Parlare inala, la mia lingua.
La mia chiesa, quella accanto a casa.
Vestirmi come un uomo del Congo.
Divne, mia figlia, che ha 8 anni.
"Elenco delle cose belle che ricordo di Stefano", letto da Ilaria Cucchi:
Il suo sorriso, quando da bambino correva incontro a nostro padre di ritorno dal lavoro.
La sua dolcezza, quando non riuscivo a dormire perché avevo paura del buio e lui mi rassicurava.
La sua allegria contagiosa, che ti tirava su di morale e riusciva sempre a strapparti un sorriso.
La sua simpatia, che lo faceva essere amico di tutti e fare invidia a me, che ero sempre troppo timida.
La sua generosità, nell’aiutare sempre gli altri come poteva, anche quando era lui ad aver bisogno di aiuto.
La sua tenerezza, quando giocava con i miei figli e non doveva fingere di essere diverso o migliore.
Il suo altruismo, quando anche nei momenti più difficili per lui si preoccupava che io fossi serena.
Il suo abbraccio, forte, che racchiudeva tutte le parole che dalle nostre bocche non riuscivano ad uscire.
Il suo bisogno di famiglia, che lo portava a cercare tutte le occasioni per stare insieme, ricordare, festeggiare.
La sua voglia di farcela, quando con le lacrime agli occhi ma con orgoglio tornava in comunità e provava a riprendersi la sua vita.
Il suo amore, grande per la vita, che non avrebbe voluto lasciar andare.
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