Che io vada matta per quelli che mia madre si ostina a chiamare "disegnini" ormai è cosa nota.
Se a vent'anni un carabiniere imbarazzato (per me, ovviamente) mi strappava urlante e in lacrime dal camerino di Piero Pelù, oggi le mie fantasie sono tutte rivolte alle infografiche di Alberto Cairo.
Quando si dice la vecchiaia.
E dato che mi ritrovo sempre a imbruttire quello che di intelligente produce il mondo della comunicazione, beh, nei miei corsi non mancano mai slide con infografiche di dubbia credibilità, delle quali mi vanto senza fondato motivo.
Eppure ho un rispetto profondo per la Data Visualization e per i suoi eroi contemporanei. Tiro sempre in ballo esperti oltreoceanici, ma a 'sto giro ho l'urgenza narrativa di scrivere della Gabanelli.
Perché se imparassimo a prenderci cura della nostra comunicazione come lei si prende cura della sua, beh, il mondo dei fantocci improvvisati e copia-incolla svanirebbe e saremmo tutti costretti alla verità che i dati sanno raccontare ai pochi che li sanno interrogare.
La Milly ha uno spazio prestigioso all'interno del Corriere.it: si chiama, con una buona operazione di copywriting e di brandtelling, DataRoom.
Nel mondo della disinformazione e dell'accesso gratuito a verità parziali, il format vincente di DataRoom punta su contenuti originali, video brevissimi, testi snelli e infografiche puntuali e animate.
E allora ci portiamo a casa che nel Visual storytellin bisogna:
📦 fare ordine e selezionare i dati che vogliamo rendere noti (e che sappiamo interrogare)
📷 cercare immagini che, quei dati, sappiano comunicarli (i famigerati disegnini)
🎏 dosare immagini e testo in un gioco divertito ma eloquente
❓ scegliere il canale giusto (social? website? cv? portfolio?)
Buon lavoro!
Comments