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L'etica del copy: la nuova rubrica del blog


L'etica del copywriter

Questo è il primo di una serie di post di Insegnare Branding sulla definizione.

"Definire" dovrebbe significare "descrivere con poche parole precise": scrivere-bene e scrivere-breve, insomma.

E se è sul web che ti tocca dare definizioni, beh, l’avvertimento vale doppio.

Bene, l’angolo dell’etica del copy è immaginato come la panchina più defilata del parco: seduto lì, un copywriter è dilaniato dai sensi di colpa per aver scritto le sue baggianate quotidiane su cibo spazzatura, banche corrotte, dentifrici cancerogeni e trattamenti estetici che manco-li-cani.

Può fare solo una cosa per resettare la sua coscienza: cominciare a promuovere idee. Trovare slogan per la pace, creare payoff antivivisezione, immaginare campagne per salvare l’umanità da uno qualunque dei mali che la affliggono.

Ecco, ha bisogno di una boccata d’aria etica.

Cercherò di definire, con la solita cialtroneria, alcuni concetti che sollevino questioni etiche: dittatura, libertà, giustizia, condivisione, migrazione. E tutto quello che mi verrà in mente strada facendo. Poi mi divertirò a cercare e proporre operazioni di branding già realizzate su questi temi. In chiusura il solito esercizio facile e rapido.

Se ho smesso di fare la copy è stato perché non riuscivo a convivere con i miei scheletri nell’armadio. L’insegnamento mi ha liberata.

Vorrei che i miei alunni conoscessero tutto, ma davvero tutto, della pubblicità.

E che sapessero usarla, un giorno, magari per cambiare il mondo.

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