C'è una roba che mi frulla in testa da un tot e che ha finalmente preso forma.
Nelle lezioni di branding dalla #04 alla #09 ho buttato lì qualche idea su come conciliare in modo creativo personal branding e curriculum vitæ (vado di riepilogo: Il cv digitale in 5 step | Social TESTER e reputazione online | Obama e l'autobiografia professionale | Skills e soft skills | Il cv infografico con Canva | Il cv digitale con Wix
Da brava design thinker mi sono però preoccupata di testare il pacchetto e di trovarne le criticità. Le soft skill sembrano stare ancora nell'iperuranio delle idee platoniche e molti si riducono al copia-incolla di qualche elenco sul web. Così su Linkedin si moltiplicano i problem solver, gli empatici, i motivati, i public speaker e i multitasking.
Eserciti di soft (s)killer attendono di essere assoldati dal miglior offerente.
Ma quella roba che a me piace sempre tanto e che va sotto il nome di consapevolezza? Dove la mettiamo?
Trovato il tallone d'Achille, ho cercato una delle mie solite soluzioni cialtrone e mi sono inventata un gioco. E visto che per me la condivisione è faccenda gratuita ho pensato di regalarvelo.
Un po' di esegesi (oggi va così, #ParoleInDisuso): di soft skill ce ne sono tante, siamo d'accordo, e alcune suonano benissimo, soprattutto se in inglese, l'idioma orgasmico del business.
Allora io ho deciso di rispolverare l'italiano (per deformazione professionale, credo) e ho selezionato 30 abilità utili nel mondo del lavoro. Ho prima raccolto, poi raggruppato, infine eliminato e accorpato.
Il risultato? 10 pink soft skill che raccontano di operatività, di fatica e di affidabilità; 10 blue soft skill con il sapore del rischio, dell'innovazione, dell'apertura al mondo; 10 green soft skill che invece hanno a che fare con le attitudini, i comportamenti, i caratteri.
Le 20 abilità hanno preso forma in 30 skill card dal design minimal e griffate Insegnare branding, che sono diventate un prezioso strumento di gioco per i miei studenti (il 'Soft Skills Game': lo scarichi qui).
E come si gioca? Più facile a dirsi che a farsi.
Il gioco prevede la simulazione di un colloquio, in cui il recruiter sparpaglierà le carte e chiederà al candidato di scegliere quattro card relative alle skill che ritiene di possedere (perché quattro? perché in un cv infografico bastano e avanzano e perché il troppo...).
E fin qui... direte voi.
Un attimo, mancano le regole del gioco!
Il candidato potrà sceglierle liberamente ma di ognuna dovrà raccontare la storia (rullo di tamburi, grazie, lo so, è una figata).
Spiegazione autoreferenziale: a me piacerebbe un casino dire che sono creativa e che ho un'intuizione che manco Einstein, ma non saprei raccontare la storia di queste due abilità. Nessun aneddoto, tabula rasa, encefalogramma piatto.
Per raccontare una storia bisogna conoscerla e le uniche storie che conosco parlano di una secchiona ricurva sui documenti d'archivio (e allora l'impegno sì che è una mia skill) e di una ragazzina depressa che ha preso un volo per il Sudamerica ed è tornata più forte (e anche la skill avventura trova la sua storia).
Chiediamolo, ai nostri studenti, di raccontare la storia delle abilità che ritengono di avere. Non devono dire perché o come le hanno acquisite: devono raccontare quando. Devono tornare indietro e rispolverare i ricordi.
E poi arriverà la ciliegina sulla torta: dovranno cambiare nome alla carta. Perché così se ne approprieranno sul serio.
Alla fine di quest'arduo lavoro di strizzatura cerebrale ognuno sarà portatore consapevole di abilità davvero personalizzate.
Buon lavoro!
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